domenica 26 aprile 2020

La nostra pandemia - Doppio isolamento

29 febbraio, ultimo giorno di lavoro.

Avevo previsto che il cambio sarebbe stato forte e le cose da affrontare anche.
Non si trattava solo di saper organizzare le mie giornate e di come progettare il futuro, in fondo lo avevo deciso io e il desiderio e le energie necessarie per realizzare sogni e aspettative di cambiamento le avevo.

Si trattava più che altro di scoprire come mi sarei sentita trovandomi faccia a faccia con un cambio preoccupante di identità.
Per tanti anni della mia vita ero stata  “la pediatra”
Ero stata modellata,  nutrita da questa certezza. Avevo fatto un mestiere di cura, ma io per prima ero stata  curata da quanti, tanti, avevo incontrato.
E adesso cosa sarebbe successo?

Neanche lontanamente avrei immaginato che di li a qualche giorno sarebbe esploso il coronavirus tirandosi dietro quello che tutti sappiamo.


L’isolamento, l’incertezza, la sospensione surreale sono stati totali e doppiamente difficili.
Ho avuto la netta percezione che in pochi giorni un colpo di spugna avesse cancellato il mio passato.

Ancora più ansiosamente mi sono chiesta chi fossi e che cosa sarei mai diventata.
In questa dimensione di “mondo di mezzo” mi sono sentita colpevolmente un’imboscata, mentre i miei colleghi si davano coraggiosamente da fare, inutile e relegata nei ranghi delle persone anziane, fragili, da proteggere.

Mi sono detta, ho sperato che le famiglie dei bambini che avevo assistito per anni in questi giorni ansiogeni di confinamento mi avrebbero cercata, avrebbero avuto bisogno di confronto e di conforto.

Questo mi avrebbe aiutato, fatta sentire meno inutile.
Dimenticavo che il mio recapito personale al di fuori dello studio lo avevano avuto in pochissimi.
Adesso la stavo pagando. Mi hanno cercata in pochissimi.
Dove erano finiti tutti? Possibile che se la stessero cavando così bene?
Ho un po’ vacillato.
Poi fortunatamente per piccoli passi qualche cosa è cambiato.

Ho cominciato ad accettare.
Non faccio programmi, disegno e dipingo.
Trovo che i miei disegni siano positivi con tanti guizzi colorati di leggerezza e di luce.
Mi sono sorpresa a fare le cose con più calma e concentrazione senza più il vizio di risolvere tutto in fretta per passare a dopo.  Così infatti prima costruivo le mie giornate, come un intreccio ben pigiato di incontri, famiglia, amici, ore di lavoro.
Il piacere della lentezza e del presente non è male.
Poi vedrò.
Dovrò senza paura vedere come uscirne e che fare.

Patrizia

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